Ultimo giorno alla 222 Minisolo.
Alba.
La sequenza è la stessa del
giorno precedente: sorge il sole e muore il vento.
Oggi però c’è
una variante: arrivano i delfini!
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Ultimi istanti prima della regata (Foto:Eros Zanini) |
Un incontro non inusuale nel nostro bellissimo mare, ma ogni
volta è fantastico ed emozionante come la prima volta!
Il mare è immobile, la barca anche.
Non c’è
niente che sbatte, persino il boma è fermo, ed incredibilmente c’è silenzio!
Li sento respirare prima ancora di vederli.
Sono tre, no quattro, no cinque! Il momento è magico. Si danno appuntamento
sotto la prua. Si girano sul fianco per guardare questo buffo bipede che
armeggia con delle vele in questo momento inutili. Nuotano leggeri in avanti per una decina di
metri e poi tornano indietro quasi ad incitarmi: «Dai, corri con noi!»
Ecco, i delfini sono ciò di cui avevo bisogno.
La loro
visita spegne sul nascere il mio malumore ed i miei mugugni per la mancanza di
vento e mi spinge ad essere positivo e propositivo. « Datti da fare invece di stare lì a
mugugnare». E allora via, giù il code 0
e su il code 5, vediamo se così riesco a scendere di più. «Andiamo a cercare
questo vento a ovest!»
Mi vengono in mente le parole di Michele Zambelli che raccomandava “morale
stabile”.
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Davide e 745 alla partenza della 222Minisolo [Foto: Benedetta Pitscheider] |
Lo scoraggiamento è deleterio,
così come lo sono i facili entusiasmi. Occorre governare la propria mente e riuscire a farlo è stato uno dei risvolti più
interessanti della mia prima regata in solitario.
Quello che ho provato è una sorta di sdoppiamento
della personalità: da un lato il Davide Marinaio che fa le stesse cose di
sempre: porta la barca, regola le vele, si occupa del carteggio e della rotta.
Dall’altro un Davide Supervisore che costantemente tiene d’occhio il marinaio: verifica che sia sufficientemente lucido, lo
costringe a prendersi cura del suo corpo mangiando e dormendo regolarmente, lo
distoglie dai pensieri negativi, controlla che non faccia “rizzate” (dicesi
rizzata errore grossolano dalle conseguenze catastrofiche in cui spesso mi
capita di incappare ).
Durante una vacation dopo la Gorgona, quando mi chiedono
come va a bordo, rispondo che è tutto ok e che sto facendo degli esperimenti
sulla barca e sullo skipper.
Esperimenti sulla barca, certo: mi metto ad
ascoltarla, cercando di capire le sue reazioni, come reagisce alle regolazioni,
alle diverse configurazioni di vele. Cerco di entrare in simbiosi con lei. Lavoro
molto sui settaggi del pilota e quando trovo quello giusto lo guardo lavorare
con soddisfazione: «Bravo Paul!» (Paul, da Paul Cayard, è il nome che io e
Marzia abbiamo dato al nostro pilota). Ma anche esperimenti sullo skipper! Sulla
barca comitato, scherzosamente si preoccupano e si immaginano che io stia
prendendo chissà quali bombe energetiche. Niente di tutto ciò! Alla fine, in
tutta la regata, avrò preso solo due caffè in prossimità dell’arrivo.
Gli “esperimenti”
sono condotti dal Davide Supervisore che osserva il suo alter ego Marinaio come
fosse una cavia da laboratorio: studia le sue reazioni alla fatica ed al sonno,
valuta come reagisce a livello emotivo, osserva come prende le decisioni. E prende mentalmente appunti per il
debriefing che faremo all'arrivo e che si rivelerà, come prevedibile, impietoso.
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Mini650 in azione alla 222Minisolo (Foto: Benedetta Pitscheider) |
Alla fine il vento da ovest arriva.
Prima 5 nodi finalmente
regolari e benedetti come manna dal cielo, poi dieci, poi smetto di guardare
l’intensità.
Stered Lostek inizia a correre, felice più del suo skipper.
Io,
dal canto mio, cerco di darle tutto ciò di cui ha bisogno per andare sempre più
veloce: faccio un matossage accurato, regolo costantemente le vele, mi metto
addirittura in falchetta!
Siamo al traverso, randa piena e code 5. Il vento aumenta e
la parte di me cresciuta velisticamente su barche normali è in allarme:
«Attenzione, rischio straorza!»
Ma questa non è una barca normale; questa,
signori, è un Pogo 2, una delle barche più straordinarie che siano mai state
concepite!
Con il suo timone sottovento ben piantato nell’acqua, Stered Lostek
viaggia a 7-8 nodi dritta e sicura come se corresse su delle rotaie, talmente
equilibrata che la barra del timone resta per lunghi momenti ferma. Che goduria!
Mentalmente mando un pensiero grato
al duo Finot- Conq che ha disegnato questo capolavoro.
Il vento aumenta ancora un po’.
La velocità aumenta ancora, ma
ora è necessario stare con le scotte in mano, pronti a lascare nelle
raffichette. Forse ora la straorza non è più un’ipotesi tanto remota, forse
dovrei ammainare il code 5……
Poi mi viene in mente il guru Stefano Paltrinieri quando
raccontava dei suoi anni ruggenti coi Mini quando “lo spi grande si ammainava
solo quando si finiva con l’albero in acqua”.
Ricordo che, mentre raccontava,
mi aveva colpito l’uso del “quando” al posto del “se”: finire con l’albero in
acqua non era un’opzione, un’eventualità. Era una certezza! Niente ammainata
dunque: scotte in mano e alla via così! E se anche dovessi straorzare non sarà
niente di grave!
Alla fine non ci sarà alcuna straorza. Al calar della sera,
con le prime luci di Genova ormai ben in vista, il vento gira verso prua e cala
inesorabilmente: cinque nodi, tre nodi, un nodo... Il tutto condito da quel
tanto che basta di ondina per far sbattere tutto.
Le condizioni che in genere
mi fanno perdere il lume della ragione. Impreco, urlo fino a rimanere senza
voce ma questa volta rimango comunque lucido e sempre sul pezzo.
Di dormire non se ne parla. Consapevolmente mi
spingo nella zona rossa e sperimento, per la prima volta tutti assieme, gli
effetti collaterali della stanchezza e della privazione di sonno: allucinazioni
uditive e visive, difficoltà di concentrazione.. Insomma tutto il repertorio
ben noto ai navigatori solitari.
Voglio
vedere come reagisco. Meglio scoprirlo qui, a poche miglia dall’arrivo che in
mezzo al mare durante la prossima regata!
La barca che avevo
dietro e su cui avevo guadagnato bene nelle ore precedenti si fa sotto di
nuovo.
Bisogna rimanere fra l’avversario e la boa…
Inizia un match race
surreale alla velocità di un nodo.
Alla
fine prevarrà il bravo Alessandro Castelli con la sua Janaina superandomi per poco più
di una lunghezza sulla linea di arrivo.
La cosa brucia un po’, lo ammetto ed il
sorriso all’arrivo è un po’ stiracchiato. Ma è solo un attimo! Il tempo di
ormeggiare la barca e subito mi rendo conto che ciò che si è sedimentato in me
e che rimarrà piacevolmente indelebile è ben altro.
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745 e Davide all'arrivo della 222Minisolo (Foto:Benedetta Pitscheider) |
Rimarrà il ricordo della tensione nei giorni prima della
partenza ed il senso di leggerezza gioiosa subito dopo il via; il grande gioco
della regata da cui mi faccio prendere nella bolina fino alla Gallinara
guadagnando un po‘ di posizioni dopo che mi ero letteralmente perso la
partenza.
Rimarrà quella stella cadente enorme dopo il passaggio della
Gallinara, la scia così lunga e luminosa da farla assomigliare ad una cometa.
La prendo come un buon auspicio dal momento che Stered Lostek in lingua bretone
significa, appunto, stella cometa.
Rimarrà il piacere della competizione e la soddisfazione di
essere rimasto quasi sempre a contatto con qualche avversario più esperto di me, anche nella prima notte quando, nell’oscurità, avevo perso di vista le barche che avevo
vicino. Ero convinto che avessero trovato il refolo giusto e che mi fossero scappate. Invece all’alba eccole di nuovo lì, qualcuna non più dietro ma
davanti ma comunque sempre a contatto. Dai dai!!!
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745 e Davide alla 222Minisolo (Foto: Eros Zanini) |
Rimarrà la sensazione di non essere solo a bordo. No, non
c’entrano le allucinazioni!
Sto parlando di aver coscienza di quante persone hanno
fatto in modo che io arrivassi a realizzare questo sogno di fare una regata in
solitario.
Sento forte la loro presenza: di Marzia in primis che mi ha
supportato e soprattutto sopportato prima della partenza e che sta facendo la
stessa regata in equipaggio. Ma anche di tutti coloro che, nel corso degli anni
e delle miglia, mi hanno insegnato qualcosa sull’arte della navigazione a vela.
Quando, dopo la Gorgona, mi ritrovo in una situazione meteo diversa da quella
prevista e senza riuscire a captare alcun bollettino attendibile, mi ricordo di
Paolo (Pinto) che, fra le altre mille cose, mi aveva insegnato a guardare l’evoluzione
delle nuvole e mi ritrovo quindi a scrutare il cielo.
Quando sono a contatto
con le altre barche mi ricordo di Dario (Badalamenti) che mi ha insegnato a regatare. Quando
inizio ad accusare la fatica mi ricordo di Ernesto (Moresino) che mi ha insegnato a non
mollare mai. E poi Davide (Bocci) che mi ha insegnato l’importanza del buonumore a
bordo e ovviamente il Maestro Riccardo Apolloni, che mi è apparso più volte, nel corso della regata, con i suoi
moniti severi.
Rimarranno ovviamente anche i momenti difficili e gli errori
come quell'approccio infelice alla Gorgona nel pomeriggio di sabato, con cui mi
mi sono giocato probabilmente un paio di posizioni. Errori che è giusto lasciar
sedimentare nella mia mente per analizzarli poi a mente fredda in previsione
delle prossime regate.
Ma soprattutto rimarrà quel brivido lungo la schiena provato più volte durante la regata, forse dato dall'adrenalina o forse semplicemente dalla gioia di essere lì in mare ad assaporare il momento perfetto, facendo ciò che più mi piace fare e sentendomi al 100% delle mie capacità fisiche e mentali. Perché, in fondo, credo che sia anche per questo brivido che andiamo per mare confrontandoci su queste barche bellissime che sono i Mini650.
Emozionante l'esperienza ed il racconto....
RispondiEliminaBravo Davide!
emanuela
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